Il mio primo contratto… Da metalmeccanico!
- Elvis Informatico
- 9 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Nei primi anni 2000 andavano tanto di moda i famosi contratti Co-Co-Co (collaborazione coordinata e continuativa), in gergo chiamati “di collaborazione”. Erano gli anni in cui ero sbarbatello e m’affacciavo al mondo del lavoro, non avevo neanche 25 anni, ma come molti coetanei avevo voglia di mettermi in gioco ed è qui che il freno a mano tipicamente italiano del mondo del lavoro cominciava a smorzare ogni entusiasmo. Iniziavi a sentir parlare di contributi, malattia, ferie e capivi subito che a te non spettava nulla di tutto ciò, perché eri Co-Co-Co. Scoprivi ben presto che l’azienda poteva cacciarti da un momento all’altro, dal giorno alla notte, sempre perché eri Co-Co-Co. Col tempo però, finalmente iniziava a crescere un po’ di pelo sullo stomaco, ti facevi più scafato e prendevi atto che con un Co-Co-Co non potevi effettuare lavoro su turni ma solo in orario d’ufficio e rigorosamente affiancato da un collega esperto, insomma, c’erano tutti i presupposti per una bella causa al datore di lavoro (che infatti, feci e vinsi!). Accanto a te c’erano proprio i colleghi più grandi e navigati, che invece godevano del cosiddetto “tempo indeterminato” e sembrava potessero permettersi tutto. Poi t’avvicinavi ai 30 anni e si cominciava a parlare d’apprendistato, un contratto un po’ più robusto finalmente, che dava anche a te ferie e malattia e soprattutto, cominciavi a versare un minimo di contributi, senza i quali quella fantomatica pensione che forse prenderai non la vedevi nemmeno col binocolo. Tre anni di purgatorio in apprendistato e poi il datore di lavoro sarebbe stato obbligato ad assumerti a tempo indeterminato! L’indeterminatezza del contratto era considerata il vero paradiso del giovane lavoratore italiano, il punto d’arrivo, il sogno, il traguardo di quel “bamboccione” trentenne (così definito dall’allora Ministro dell’Economia Padoa-Schioppa) che ancora viveva coi suoi e non se ne andava da casa. Certo, con un contratto Co-Co-Co era praticamente impossibile trovarsi un affitto, col cavolo che qualche proprietario avrebbe dato in mano la propria abitazione ad uno che poteva essere licenziato da un momento all’altro, ma questo non cambiava certo quell’etichetta di bamboccione che c’era stata affibbiata. Figurarsi poi a presentarsi in banca per chiedere un mutuo, a chi? Ad un bamboccione col contrattino Co-Co-Co che non ha voglia di fare niente? Forse forse, se portavi la tu’ mamma o il tu’ babbo dal consulente, t’avrebbero concesso un finanziamento per la tua prima auto, questa era la realtà! Ma finalmente, dopo tutto questo purgatorio (ma pure inferno direi), venne il giorno del contratto a tempo indeterminato! Il futuro era roseo più che mai, sarei potuto andare in banca, fare delle rate, sarei diventato adulto, il mio primo contratto da informatico!
Entro nell’ufficio dell’amministrazione e trovo il contratto sulla scrivania, pronto per la firma. Inizio a leggere e subito mi salta all’occhio il più importante dei dettagli, la categoria lavorativa: settore metalmeccanico! Non ho capito, farò l’operaio? No, perché finora avevo installato sistemi operativi, applicazioni, sviluppato i miei primi programmi in python. Non mi avevano fatto indossare mica casco e scarpe antiinfortunistiche, avevo sempre lavorato in ufficio in elegante maglioncino e camicia. “Non preoccuparti, non farai mica l’operaio!”, mi risponde la segretaria divertita, firmo e via. In effetti non sono mai finito in fabbrica, ma col tempo ho capito che per noi informatici non c’era un vero e proprio CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro), o comunque, non robusto come i diffusissimi CCNL Metalmeccanico e CCNL Commercio. Italia mia, come sei indietro! Ibernata agli anni 60-70, a quel boom economico post-guerra dopo il quale ti sei mangiata tutto. L’evoluzione tecnologica galoppa e noi siamo ancora coi contratti di 40-50 anni fa. In realtà un CCNL per informatici è stato istituito, anche più di uno, ma le aziende IT gli continuano a preferire quello del settore metalmeccanico o del commercio. In effetti, nel corso della mia carriera da informatico, ho firmato anche contratti CCNL commercio e col tempo ho capito perché. Laddove il lavoro prevede turnazioni e dunque fasce orarie che vanno al di là degli orari d’ufficio, scattano delle maggiorazioni che, per intenderci, nel settore commerciale sono economicamente più basse rispetto al metalmeccanico. Detto questo, è scontato dire che il datore di lavoro scelga il contratto più conveniente per sé e non certo per il dipendente, e dunque, se fai i turni te li pago il meno possibile. Che dire… Certo che l’Italia è davvero un paese unico al mondo, in tutto e per tutto, siamo tra le prime dieci potenze economiche mondiali e comunque tra i paesi più avanzati del pianeta, con aziende all’avanguardia nel settore IT e non solo, eppure qui gli informatici continuano ad essere scambiati per operai o commercianti.

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