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  • Immagine del redattoreElvis Informatico

Far assumere ex-colleghi

Portare ex-colleghi a bordo può rivelarsi una grande opportunità od un terribile errore, dipende da tanti diversi fattori, tutti da tenere attentamente sotto osservazione.


Alcune grandi aziende offrono persino un premio ai dipendenti che riescono a proporre figure lavorative che verranno assunte, dunque la missione di presentare alla propria azienda vecchie conoscenze nel mondo del lavoro è vista in modo positivo, come una grande opportunità di crescita da parte dell'azienda stessa.

Si parte dal presupposto che un dipendente sia una persona fidata all'interno di una realtà aziendale, la cui fiducia possa essere potenzialmente sfruttata come una scorciatoia nell'attività di recruiting: piuttosto che attingere da un mercato vastissimo si sfruttano i canali personali dei dipendenti, i quali nel corso della loro carriera avranno sicuramente stretto numerose amicizie e conoscenze e sapranno indicare risorse fidate e preparate, fosse vero... O perlomeno non sempre lo è, e quando non lo è sono dolori.

Parlo per esperienza personale, perlopiù duplice, infatti per ben due volte ho avuto il sogno di portare ex-colleghi nelle mie realtà lavorative, con esiti contraddittori: una volta male, una volta bene.

Partiamo dalla volta sbagliata, la prima, in tutti i sensi: ero a malapena un ventenne sbarbato che si affacciava al mondo del lavoro entrando come tecnico informatico in una grande realtà aeroportuale. Già mi sembrava di toccare il cielo con un dito, io che fino all'altro ieri tiravo avanti con 50 euro di paghetta a settimana, di colpo firmavo un contratto che valeva meno di un foglio di carta igienica ma che mi dava quei 500 euro/mese a (guarda caso...) progetto. Come non condividere la notizia con gli amici di sempre, con la propria comitiva, quei ragazzacci di zona senza arte né parte da cui finalmente stavo per sganciarmi lanciato verso chissà quali nuovi orizzonti!? Così, una chiacchiera tira l'altra, un altro amico un po' cazzone era in cerca di un lavoro, l'entusiasmo del momento mi spinse a proporlo al mio primo capo. I feedback furono più che positivi, il Boss non vedeva l'ora di trovare un altro sbarbatello senza pretese da sfruttare negli appalti da quattro soldi della sua società.

Praticamente partimmo insieme in questa grande esperienza, io mi sentivo abbastanza scarso ma entusiasta, ci davo dentro e mi impegnavo, lui... Beh, dopo alcune settimane uscirono fuori le prime crepe: era ineccepibilmente puntuale (io no!), ma un po' troppo furbetto nell'evitare il lavoro e le responsabilità. Col tempo le difficoltà ed i contrasti divennero sempre più grandi e maturai presto il pensiero d'aver sbagliato, che avrei potuto farmi i fatti miei quel giorno. Nell'ambiente lavorativo io e lui eravamo considerati un unicum, eravamo amici di vecchia data che erano stati assunti lo stesso giorno, non mi piaceva che i colleghi ci accomunassero sul piano professionale, io mi sentivo e volevo sentirmi diverso: più serio e responsabile (seppur ritardatario, soprattutto all'inizio...). Ad un certo punto il nostro rapporto d'amicizia deteriorò al punto da diventare irrecuperabile, il lavoro ne fu una concausa ed al contempo una conseguenza, ma eravamo entrambi dei ragazzini.

Gli anni passarono in fretta, le strade si divisero ben presto, passarono le aziende, i capi e nessuno dei due si è più incrociato lungo il proprio percorso. Fortunatamente la mia buona volontà ha saputo ripagarmi nel corso della vita lavorativa, lo stipendio e le responsabilità son cresciuti man mano e mi sono trovato in realtà lavorative sempre più complesse e stimolanti. Dopo diversi anni, la tentazione è tornata: quella voglia di condividere ed accogliere, di allargare i miei orizzonti a chi ritenevo degno, stavolta con qualche anno in più di esperienza e maturità. "Ci son cascato di nuovo", canterebbe qualcuno di questi tempi, era il momento di potenziare la mia reputazione aziendale, ero solo su diversi progetti strategici per la mia azienda e serviva una mano, portare a bordo una risorsa fidata mi avrebbe dato maggior lustro e responsabilità, nonché soldi (almeno speravo...). Mi proposi per cercare in prima persona la nuova risorsa da inserire, sapevo benissimo a quali porte bussare: ex-colleghi che non vedevano l'ora di uscire da quel carcere, che avevano bisogno e meritavano fiducia ed autonomia. I nomi erano pochi, giusto un paio di papabili e alla fine, posso dirlo senza alcun dubbio, scelsi il migliore (ma sia chiaro, lo dico col senno del poi di chi ha avuto l'opportunità, non perché l'altro candidato valesse meno). Stavolta andò alla grande: sinergia ed intesa erano le parole chiave, il ritmo costante dettava il nostro passo quotidiano, la reputazione dell'azienda verso il cliente cresceva in modo importante. Dunque, cosa è cambiato tra una scelta e l'altra? Un mare di cose, a partire dall'età e dalla diversa maturità in entrambe le scelte.

Ma ci sono un sacco di elementi da tenere in considerazione quando si fa una scelta simile, diventa fondamentale focalizzare l'obiettivo, perché lo facciamo? Perché portare a bordo una nostra diretta conoscenza? Le risposte potrebbero essere molteplici: per aumentare la propria reputazione in azienda, per avere un aiuto in più da chi reputiamo all'altezza della situazione, per poter esercitare la propria leadership, insomma, per crescere.

Ora, come visto, può andar bene e può andar male, va bene se siamo cresciuti, ma quali sono gli elementi che posso farla andare male? Cominciamo dal pericolo più grande: una risorsa poco responsabile. Un elemento con scarsa serietà mette a repentaglio la reputazione dell'azienda oltre che la nostra, rischiando di far saltare scadenze ed impegni e costringendo i colleghi ad aumentare la velocità per recuperare le mancanze altrui. Un lavoratore non responsabile è il peggiore di tutti i mali, l'affidabilità è la Madre di tutte le qualità lavorative, puoi anche andar più lento di altri, ma se fai bene il tuo lavoro sei degno di restare a bordo. I colleghi sapranno i tuoi limiti "di velocità", tutti abbiamo dei limiti, l'importante è riconoscerli!

Un altro grande pericolo è in realtà una vera beffa: una risorsa più brava di noi! Brutta storia, i nostri sogni di carriera finiscono infranti da un collega che viene preferito al posto nostro, che ha più qualità e cresce molto più rapidamente di noi. Se lo avevamo coinvolto per far carriera abbiamo preso un pesante abbaglio, sia nell'autovalutazione delle nostre capacità che nelle dinamiche di lavoro (che dovremmo conoscere a menadito), oltre all'idea stessa che avevamo del nostro collega. Bada bene, tutto questo vale se la risorsa che scegliamo di coinvolgere si troverà a svolgere le nostre stesse mansioni, se quindi sarà un nostro diretto collega, perché volenti o nolenti condivideremo lo stesso campo di gioco. Ad ogni modo, è bene ricordare il fatto che c'è un ufficio di recruiting ed una serie di colloqui che il candidato dovrà comunque superare, dunque la vera responsabilità dell'assunzione non è nostra in fin dei conti, nel bene e nel male, ma il nostro nome riecheggerà nei corridoi degli uffici come "quello che ha fatto entrare Tizio o Caio". Quindi sale in zucca, ci vuole oculatezza in questo tipo di scelte, riuscendo a mettere sul piatto le capacità tecniche richieste ma anche e soprattutto quelle personali (i cosiddetti soft skill per intenderci). Come scritto in altri articoli, i soft skill sono la chiave per aprire le porte al mondo della tecnica (hard skill), del resto lavoriamo sempre in team e la comunicazione è fondamentale per riuscire a fare sinergia tra le persone, per coordinarsi e procedere con precisione e puntualità. In conclusione, per portare gente a bordo bisogna avere spirito critico e capacità di giudizio, sia nei nostri riguardi che in quello dei nostri colleghi, confrontando il tutto con la risorsa che vorremmo far reclutare, individuando le sue qualità ed i suoi punti di debolezza e soprattutto, valutando bene quali sono le nostre aspettative a riguardo, ovvero cosa ci aspettiamo di ottenere, perché diciamocelo: tutti teniamo al nostro giardino. Un errore di valutazione circa le fasi sopra indicate può costarci molto caro, soprattutto perché non è una situazione facile da risolvere, non si può annullare tutto e tornare indietro, occorrerà lavorare parecchio su noi stessi per ritrovare il sorriso ed a volte potrebbe diventare necessario perfino ricorrere alla situazione più drastica: fare le valige e cambiare aria.




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